*** IN ALTO I CUORI ***

Sino all’età di 12 anni sono vissuto con mia madre, allora maestra elementare, su queste montagne dell’Appennino tosco-romagnolo anche in luoghi, come ad esempio Pietrapazza, distanti qualche ora di buon cammino montanaro dalla strada maestra e in altri come Monteguidi, Monte Iottone. Sin da quel tempo è nato in me questo quel grande amore per la natura e per i suoi grandi silenzi.


Più tardi, quando poi sono andato ad abitare in una grande città, si è fatto ancor più nostalgico in me il rimpianto per questa vita semplice e mi è sempre rimasto prepotente il grande desiderio di tornare a vivere, appena fosse stato possibile, in luoghi simili a questi per risentire l’umido profumo del bosco nelle prime ore del mattino, vedere nell’inverno la neve fermarsi sui rami degli alberi e da essi distaccarsi al minimo alitare di vento, ritrovare quel vincolo d’amore, di fratellanza, di altruismo che qui unisce tutti gli uomini abituati come sono ad affrontare le stesse difficoltà ed uguali sacrifici, avere amore per quella natura che nonostante chieda molto di più di quello che offre resta pur sempre una religione così come lo sono le albe, i tramonti, il gelo dell’inverno, il vento che lieve o impetuoso ne percorre le valli.


Lassù, al disopra di quei gruppi di case che qua e là, con i loro bianchi intonaci punteggiavano le montagne e le verdi vallate dell’Appennino, v’era aria pulita in cielo ma soprattutto v’era aria pulita fra la gente. Si trovava insomma in tutti gli abitanti quell’amicizia, quell’altruismo, quell’innato desiderio di tendere la mano a chi meno avesse avuto dalla sorte doti che sono patrimonio delle persone semplici, sempre pronte a portare aiuto ma anche a saperne ricevere, persone che si angosciano e dolorano oltre che per le proprie anche per le altrui sventure e che sanno partecipare affettuosamente con te alle avversità ma anche ai momenti lieti.


Ecco tutto questo io l’ho ritrovato nella mia vita soprattutto in quella di alpino trascorsa sia in pace che in guerra con questi uomini che portano ancor oggi in capo quel cappello con la penna nera e che sono soliti vivere in luoghi dove la gente è semplice e buona, dove ciascuno sa di poter avere bisogno del proprio vicino, dove i grandi silenzi che li circondano paiono a volte infinite pause di esistenza nelle quali la parola preferisce lasciare il posto ai fatti.


Alpini per i quali quella parentesi di vita da soldato non è stata solo un esercizio d’armi ma una alta Scuola di Virtù montanara, di solidarietà come lo dimostrano le opere attuate e il pronto accorrere anche in tempo di pace là dove vi sia necessità del loro aiuto. Alpini, uomini semplici nei quali si trovano innati quel Sentimento che crea pietà per la sorte comune e quel Vincolo d’amore che dovrebbe unire tutti gli uomini. Con questi uomini mi sono trovato in guerra, in quella immensa tragedia nella quale spesso abbiamo dovuto lasciare sulla neve fraterni amici senza poter dire loro altro che misere parole di conforto ma con la disperata volontà di venirne fuori. E per farlo ci siamo dati la mano, abbiamo avuto fraternità.


Vi sono nella vita di ogni giorno condizioni che spesso l’uomo da solo non riesce a superare, ostacoli, difficoltà insormontabili nelle quali o si è tutti una squadra, un plotone, una compagnia, un paese, una nazione, come lo fummo noi in quelle terre tanto lontane e si riesce in tal modo a vincere e a superare anche l’impossibile, oppure l’individualità cede alla situazione ed è allora che l’uomo si lascia cadere nella neve se non vi è chi lo sorregga.


E la dimostrazione di questa unione la danno ancor oggi gli alpini che le marce per la pace le fanno aiutando chi abbia necessità della loro assistenza. Le hanno fatte ieri in guerra sulle nostre montagne, nel deserto, sui monti della Grecia, nella steppa russa. Le hanno proseguite poi in tempo di pace a Rossos, una cittadina russa allora sede del Comando del Corpo d’Armata Alpino, costruendovi un asilo per più di cento bambini affinchè con quell’innocente sorriso fosse cancellata una pagina di grande sofferenza umana....

Le hanno fatte accorrendo in ogni luogo ove vi fosse stata necessità del loro aiuto e innalzando in ogni parte del nostro paese Scuole per Handicappati, disabili e tante altre grandi opere di solidarietà come quella che inauguriamo oggi qui alla Rondinaia voluta dalla Vostra grande solidarietà alpina.


Tutto questo ci dice che siamo e dobbiamo rimanere uniti nel comune amore per la montagna, non mutare il nostro modo di pensare, le nostre tradizioni, il nostro credo alpino, il grande desiderio di solidarietà e fratellanza che ci ha sempre pervaso. Restiamo uniti contro chiunque voglia minacciare la nostra “Civiltà montanara“. Solo a questo modo potremo onorare la penna che portiamo sul cappello e la tenera memoria di Chi non è tornato.

Nelson Cenci
6° Rgt. Alpini Btg. Vestone
55a Compagnia